L’immagine narra uno dei miracoli attribuiti a San Clemente, il quale, avendo spinto alla conversione Teodora, nobildonna romana moglie del prefetto Sisinnio, si sarebbe attirato le ire di quest’ultimo. La scena superiore del pannello infatti mostra proprio il primo tentativo del patrizio di interrompere una delle funzioni di San Clemente, scongiurato, com’è presumibile, da un prodigio divino. La scena dipinta nel registro inferiore, invece, è di gran lunga più interessante. San Clemente, impietosito per le sorti del suo rivale, si recò nella casa di Sisinno che, infuriato per quanto precedentemente accaduto, ordinò ai suoi servi Gosmari, Albertello e Carboncello, di legare San Clemente e scacciarlo da casa. Grazie ad un nuovo miracolo divino però i tre servi si ritrovarono a trainare una colonna al posto del corpo del santo.
L’affresco rappresenta dunque i quattro personaggi principali della scena, ovvero i tre servi intenti a trainare la colonna e il padrone Sisinno, in posa di comando. Ma a ben guardare, al lato delle figure, compaiono le iscrizioni dell’immaginario dialogo, testi che rendono l’affresco un vero e proprio “protofumetto”. I personaggi dialogano in due lingue differenti: il latino, colonna portante tanto della cultura romana quanto di quella cristiana emergente, e il volgare primitivo, in via di sviluppo. I tre servi e paradossalmente il patrizio romano utilizzano il volgare, mentre il dominio della lingua colta rimane del santo, il quale, non rappresentato poiché scomparso per mezzo del miracolo, si prende gioco delle fatiche dei suoi aguzzini.
Le battute dei vari personaggi, già esposti i debiti dubbi, sono quelle che seguono:
- a sinistra “Falite dereto co lo palo, Carvoncelle“, “Fa leva da dietro col palo, Carboncello”
- Al centro entro le colonne “Duritiam cordis vestris, saxa traere meruistis“, “Per la durezza del vostro cuore, meritaste di trascinare pietre”. È la frase pronunciata da San Clemente in latino
- “Albertel trai“, “Albertello, tira!”. È la frase probabilmente pronunciata da Gosmari, il secondo personaggio da destra, il cui nome è scritto accanto. Questo servo gira il volto verso un terzo personaggio di spalle, a cui verosimilmente rivolge la frase
- “Fili de le pute traite“: questa è la frase attribuibile a Sisinnio, che, sovrintendendo l’intera operazione, ordina in modo scurrile ai sui servi di trascinare la colonna
L’iscrizione di San Clemente, datata tra l’XI e il XII secolo, è dunque uno dei primi documenti in lingua volgare, efficace testimone dell’ormai avanzato passaggio dal latino alle lingue romanze.